28 Luglio 2020
Reduci dal Cammino nelle Terre Mutate (cammino da Fabriano a L’Aquila nato l’indomani del terremoto del 2009) io e mia moglie Giulia arriviamo a Forno di Zoldo con treno da Padova a Belluno e bus Belluno-Longarone e Longarone-Forno. Nelle nostre escursioni ci muoviamo sempre con i mezzi pubblici, è più rilassante, ecologico, permette di conoscere meglio il mondo che ti circonda e di parlare con le persone del posto.
Conoscevo Forno dal libro di Sebastiano Vassalli “Marco e Mattio” che mi era molto piaciuto per la accurata ricerca storica dell’autore. Da questo libro avevo appreso della grande povertà di questa valle, dei mestieri delle genti zoldane (carbonai, legnaioli) e da anni avevo la curiosità di conoscerlo. Ancor più interessante di quanto mi attendessi, affascinanti le borgate sulle colline (Col, Pieve, Astragal, Palù, Casal… ), con le preziose chiese (come la chiesa di San Floriano, preceduta da una salita con pregevole via crucis in legno), il museo di storia naturale, il museo del ciodo e del ferro. Apprendiamo della maestria degli intagliatori di legno (la famiglia Besarel ha lasciato molte testimonianze artistiche), esportata a Venezia negli squeri per le gondole. Sorprendente il gran numero di fontane con acqua freschissima, sparse per le borgate. Una piacevole passeggiata il giorno prima della partenza ci ha permesso di scoprire queste preziose realtà che si potrebbero perdere, nella foga di iniziare l’escursione. Conversando con la signora del nostro BB scopriamo la tradizione dei gelatieri zoldani esportata nel mondo. La Val Zoldana, insomma, valle di operosità creativa!
29 Luglio 2020
Si parte dal ponte che ricorda l’emigrazione zoldana in Brasile, seguendo il sentiero n. 531 (diventerà poi 521) che scegliamo perché sicuramente meno battuto, mentre il classico sentiero che porta alla malga Pramper l’avevamo già percorso qualche anno fa lungo la Alta Via N. 1. Questo risulta più lungo ma è appagante la vista sulle cime del Bosconero. Alla casera Col Marsanch sosta, di fronte a noi il Sass di Bosconero.
Il sentiero è un continuo sali-scendi, ma comunque piacevole e non particolarmente impegnativo. Alla malga De Cornia il tempo sembra cambiare. Si sente lo scampanellio degli animali che non si vedono, devono essere entrati già nella stalla. Il sentiero non è segnato, ma lo intuiamo che sale alla sella, tralasciando delle altre tracce che portano a sinistra della malga. Acceleriamo il passo, il tempo sempre più minaccioso. In lontananza avvistiamo, non il rifugio, ma la malga casera Pramperet giù nella valle. Arriviamo infine al rifugio Sommariva che hanno già servito le cene. I ragazzi del rifugio sono molto disponibili e ci servono una ottima cena! Uno dei ragazzi della gestione, di Belluno, ci spiega la strada dell’indomani. Nel rifugio c’è un gruppo di tedesche, mi colpisce una di queste che disegna su un album i paesaggi e poi rimane in contemplazione davanti al profilo buio delle montagne. Nella notte si scatena una violenta tempesta.
30 Luglio
Foto ricordo davanti al rifugio con il logo dell’Alta Via delle Dolomiti Bellunesi e poi si parte per il rif Pian De Fontana. Percorso spettacolare, nella prima parte in comune con l’alta via N.1. E infatti ritroviamo le ragazze tedesche al passo, una di loro intenta a disegnare le vette.
Noi poi scendiamo per il sentiero n. 518 fino al torrente per poi risalire. Il percorso, fortunatamente è nel bosco, visto il caldo torrido di questa giornata. Si sale in ombra per poi scendere, sempre nel bosco; ecco in lontananza il Bianchet!! E’ sempre una gioia avvistare da lontano il rifugio, seguirlo passo passo mentre si ingrandisce e noi ci avviciniamo.
E’ circondato da un prato verdissimo che invita finalmente al riposo.
La notte il gestore ci invita ad appostarci sulla terrazza del rifugio: un nutrito gruppo di cervi, una ventina, puntualmente arrivano in prossimità del rifugio per approfittare di alcuni resti di cibo, e fanno la spola bosco-rifugio più volte, il gestore ci dice che è così tutte le notti.
31 Luglio
Discesa alla strada Statale agordina, ad alcuni può sembrare noiosa, ma noi la apprezziamo perché è una valle molto stretta, diventa una forra, in basso lo scrosciare del torrente Vescovà. Una freccia ci indica di girare a sinistra per la fermata del bus.
Arriviamo al canale d’Agordo e aspettiamo il bus da Agordo diretto a Belluno, decidiamo di prenderlo perché il gestore del Bianchet ci dà la notizia che da La Muda la Via degli Ospizi non è messa benissimo, è meglio dalla stazione forestale di Candaten, antico ricovero per pellegrini dove c’è un guado del Cordevole facilmente sorpassabile. Nel bus però apprendiamo che non ferma alla stazione forestale, ci fermiamo direttamente a Peron. Qui la passerella sul Cordevole è caduta durante la tempesta Vaia. Non ci rimane che attraversare il torrente a piedi nudi. E’ caldo e le acque fresche sono piacevolissime, insomma l’inconveniente della passerella si trasforma in un’occasione per rinfrescarci e per osservare i tantissimi colori dei ciottoli del Cordevole che formano un acquerello. Sull’altra riva in lontananza si avvista la bianca sagoma della certosa di Vedana che raggiungiamo sotto il caldo torrido del primo pomeriggio. Purtroppo non è visitabile e ha perso lo scopo originario di accoglienza ai pellegrini che aveva quando sorse. Saliamo, in prossimità della chiesa di San Gottardo, il sentiero indicato come “Segato” in onore di Girolamo Segato, illustre cittadino di Sospirolo, egittologo che inventò una pratica di pietrificazione dei cadaveri nel XIX secolo. Il sentiero che sale nel bosco al di sopra della certosa è anche indicato come “sentiero delle chiese pedemontane” ma con la direzione dei cartelli opposta alla nostra. Bel percorso in ombra che sale fino alle Rosse Alte, un piccolo abitato con fontana e lavatoio. Da qui si scende, il percorso non è segnalato, al paese di Mis, con la originale chiesa del Cristo, a pianta centrale. Notevole il panorama delle vette dei monti del Sole, delle chiese, visibili perché sulla sommità di due colline, di Santa Giuliana e San Michele Arcangelo. Il villaggio di Mis ha un’atmosfera rilassante e pacifica, circondato da campi di granoturco, balle di fieno e frutteti. In questa dimensione bucolica ci godiamo il tramonto.
1 Agosto
Partenza da Volpez di Sospirolo molto presto la mattina, visti i Km che ci aspettano. Dopo poco appaiono le luccicanti acque del Mis che all’inizio formano un lago molto vasto. La passeggiata, anche se su asfalto, è piacevole, poche volte interrotta dal passaggio delle automobili. Passano invece molti ciclisti, ma percorrere questo vallone è piacevole anche a piedi, nonostante il caldo che nel corso della mattina si fa sempre più torrido. La lentezza ci fa percepire il graduale passaggio da lago a stretto vallone, sempre più stretto, e via via che ci inoltriamo in esso si fa sempre più silenzio, interrotto solo dalle acque del torrente. Belle anche le gallerie scavate nella roccia. Sosta ritemprante presso il bar alla cascata della Soffia, con la chiesetta di San Romedio, il santo che in Trentino, avendo perso il cavallo, riuscì a cavalcare un orso. Brandelli di case lungo la strada danno un senso di isolamento e abbandono che incupisce. Contribuiscono a queste sensazioni anche le ferite inferte al bosco dalla tempesta Vaia, visibili qui, come anche nelle altre zone che attraverseremo. In fondo al vallone una stradina a sinistra ci porta a California, zona mineraria e poi turistica, distrutta dall’alluvione del 1966 e poi abbandonata. Il villaggio fantasma, ruderi delle case e del vecchio albergo, sono il simbolo dell’abbandono della montagna. Di qui il sentiero sale nella frescura del bosco, anche questa volta provvidenziale, visto il caldo torrido del primo pomeriggio. La salita è molto pendente, in lontananza le cime delle Pale di San Martino ci accompagnano, le slanciate vette danno slancio anche al nostro cammino. La faticosa salita è appagata quando si apre davanti a noi la piana di Erera Brendol popolata di mucche e cavalli al pascolo. Grande è la gioia che ci dà questo ambiente pastorale, isolato e immerso nel silenzio, dal nome magico di “Piani Eterni”. Alla malga Erera conosciamo Novella, il gestore che produce dell’ottimo formaggio a latte crudo e ci serve una semplice e genuina cena. Conosciamo una famiglia trevigiana molto alla mano, pongono l’attenzione sull’isolamento del posto, non raggiungibile con i cellulari e per questo ancora più pregevole. Si dorme nel sottotetto della malga, che amplifica i rumori della immancabile pioggia, anche stanotte.
2 Agosto
I muggiti delle mucche ci risvegliano piacevolmente. Colazione con burro di malga, fotografia ricordo con Novella e partenza.
A malincuore si abbandona questo magico altopiano per scendere al lago della Stua. Scegliamo di scendere per poi risalire perché la guida stessa dell’Alta Via avverte della difficoltà del Passo dell’Omo per tratti molto esposti e per il tempo instabile previsto anche quest’oggi. Dal lago il sentiero sale, in lontananza scorgiamo infine il Boz. Il cielo è sempre più nero, ma arriviamo anche stavolta in tempo per ripararci dalla tempesta. Il gestore del Boz è molto disponibile a darci delle indicazioni per l’indomani; noi eravamo decisi a percorrere il sentiero basso per via del tempo instabile, ma lui ci consiglia comunque di passare per il sentiero molto più panoramico.
3 Agosto
Le previsioni per questo giorno mettono pioggia già dal primo pomeriggio, quindi partiamo presto e di buon passo prendiamo il sentiero n. 801. Il sentiero è molto godibile, alcuni brevi tratti sono esposti, ma li superiamo agevolmente, nonostante le vertigini di Giulia. E’ molto particolare la forma delle rocce alla Piazza del Diavolo, blocchi di grandi pietre quadrangolari. Il panorama in basso spazia sulla val Belluna: aveva proprio ragione il gestore del Boz! Incantevole la distesa multicolore dei fiori nel Buso delle Vette. Il Rifugio Dal Piaz è ormai vicino. Arriviamo per pranzo e degustiamo la famosa spianata del Dal Piaz, capiamo perché è, a ragione, così famosa, tanto che molti feltrini hanno preso l’usanza di salire quassù dal Passo di Croce d’Aune per cena, per poi ridiscendere in notturna. L’interno del rifugio ha una calda atmosfera, data anche dalle molte sculture in legno di artisti locali.
4 Agosto
Partiamo presto, che il cielo non è ancora minaccioso, ma con il timore che peggiori repentinamente. La strada in discesa è molto bella, davanti a noi la val Belluna, riconosciamo Pedavena e la città di Feltre. Entriamo nel bosco, dove sono collocate diverse sculture realizzate dai tronchi d’albero abbattuti da Vaia, con folletti, animali vari, una vera e propria galleria di scultura! Alla fine del bosco arriviamo all’inizio di Croce d’Aune, una freccia indica a sinistra l’Alta via N. 2. La imbocchiamo, il sentiero è una comoda strada sterrata, poi si gira a destra e scende, ma poi numerose intersezioni non segnate ci fanno perdere la giusta direzione (il responsabile dell’Alta via che poi contatterò mi spiega che i numerosi sentieri sono stati aperti recentemente per permettere la pulizia del bosco dai tronchi della tempesta Vaia). Eravamo diretti a Norcen, come spiegato anche nella guida dell’Alta Via, ma ci ritroviamo in Val di Lamen, il sentiero comunque è ugualmente godibile, anche perché la tempesta annunciata ancora non sopraggiunge. Bella la Val di Lamen, ancor più bella appare a noi che percepiamo la fine della escursione… arriviamo a Lamen, non ci sono bus per Pedavena o Feltre e quindi continuiamo a piedi per Pren e per Pedavena. Una signora a Pren ci dà un provvidenziale passaggio fino a Feltre, provvidenziale perché appena in tempo: inizia il temporale. A Feltre corriamo fino a piazza Maggiore, all’Ufficio informazioni turistiche, tappa obbligata per ritirare le spille dell’Alta Via delle Dolomiti Bellunesi e il diploma. Finale: foto con triangolo dell’Alta Via e sfondo di Piazza Maggiore sotto la pioggia!!!